Mauro Bubbico. STORIE A COLORI
Antezza Tipografi, Calendario Quadrifluox - @70magenta, 2020
Pasta nera di Matera
“Pasta nera” è una canzone di Matteo Salvatore (Apricena - FG, 1925-2005) messa in relazione qui con i disegni di Mario Cresci per un catalogo di pasta del Pastificio Padula, attivo a Matera fino agli ‘80. Matteo nel testo della canzone, accompagnandosi con la chitarra, “racconta della pasta nera (biada e crusca di grano) che i poveri mangiavano nel dopoguerra. Era l’ultima di tre qualità di pasta, dalla migliore alla peggiore. Un bracciante si lamenta del fatto che lui non riesce a mangiare nemmeno quella.” In quegli anni c’era una miseria nera. La fame si poteva tagliare col coltello. C’erano tre qualità di pasta e di carne. La prima qualità di pasta bianca la compravano i ricchi. La seconda qualità, mezza bianca e mezza nera, era per gli impiegati e impiegatucci del Comune. La terza qualità, pasta nera, era amara e schifosa. La povera gente non poteva comprare neanche quella. Alle prime luci dell’alba, mio padre uscì, e noi figli, appresso a lui come cagnolini, sentivamo che diceva: “Alba triste d’inverno, tu che sorgi con la mano bianca, Signore, Dio, noi non vogliamo la ricchezza di nessuno, chiediamo lavoro, facci travagliare oggi, almeno per poter comprare un paio di chili di pasta nera per sfamare la famiglia, ma mi sembra che nemmeno quella ci sarà. Fatje, fatje e nun magno maie”. [Fatico, fatico e non mangio mai]. Project con Paolo Angelini. Disegni di Mario Cresci.
Gennaio
Copertina per Interni. The magazine of interiors and contemporary design. N. 8 July-August 2019. Mediterranean projects.
Stilizzazione da un vaso antropomorfo e da una decorazione ad intarsio marmoreo di elementi naturalistici, uccelli e foglie dalle movenze curvilinee (Bottega meridionale della prima metà del XVIII secolo) presenti nei due musei della città lucana, Ridola e Palazzo Lanfranchi.
Febbraio
Farinella Love, poster per il Carnevale di Putignano, 2019. Con il carnevale di Viareggio, di Venezia e di Acireale, quello di Putignano è uno dei più importanti carnevali nazionali.
Marzo
Coppia con gatto e Ceramica Faentina. Le due figure sono un particolare dell’illustrazione di apertura del numero speciale di Domus Fabbrica Italia (giugno 2018) che racconta di un viaggio alla scoperta delle specificità di un “modo italiano” di declinare i temi della fabbrica e della manifattura, in uno stretto rapporto con il territorio nazionale, da sud a nord (da nord a sud), fisico e culturale.
La pagina è anche un omaggio alla città e all’Isia di Faenza, a quei maiolicari faentini, artigiani raffinati e geniali, che nel corso dei secoli si guadagnarono la voce Faïence rendendola una città privilegiata, dal cui nome tutta una serie di opere ha avuto un comune battesimo. Così è, ad esempio, di Damasco in Siria e di Arras in Francia, che ci hanno dato le voci “damasco” e “arazzo”.
Aprile
Un bell’Ambiente. Cerbiatto di Mario Morelli, Ceramica di Faenza, 1938.
Cade la neve – è naturale / (naturale cosa sia la cerva più / non sa: naturale e cosi sia: cosi è / come accadrà, suo destino si la cerva sa). / È l’ora, nel poema, della neve: / il cervo bianco appare – re del tramonto, re della foresta, / caracollante come gli antichi poeti cavalieri / si amorosi, lo sappiamo, della loro spada. //S’aggira il cervo in sua bellezza re – / sente la tenerezza della neve – bruca i nuovi abeti e se ne allieta – / studia del terreno la solidità. //Naturale cosa sia la cerva più non sa: / vede le funivie, le autovie, / le aviovie / e tutte le belle protesi dell’umanità: anche la spada è protesi, lo sa. // O natura – se natura è / tutto ciò che nascimento ha / sono natura tutte allora / le belle protesi dell’umanità?
— Giuliano Scabia, Opera della notte. Einaudi 2003
Maggio
Con la cicala nel petto. Civitanova Marche, ottobre 2016. Mostra personale di Mauro Bubbico a cura di Mario Piazza.
Io non so cantare lo zelo / Della formica immortale. / Più vicino alla mia sorte / È lo stridore della cicala / Che trema fino alla morte. / Nel tempo mio diletto / Mi confidavo a quell’ira / Insistente che mi assopiva / Con la cicala nel petto. / Ora nello sfacelo / Della mia giornata mi resta / Un po’ di polvere in pugno, / Ma tanto vale la tua spoglia / Che ancora risento di quel melo / Stormire e nell’aria di giugno / La tua allegria funesta / Nascere dentro una foglia.
— Leonardo Sinisgalli, Vidi le muse, 1943
Uno scriba sospeso e un Buddha. Nei templi dell’Asia, le colossali divinità di bronzo nero tengono gli occhi abbassati, assorti in sogni indecifrabili. Le pesanti lastre di pietra, collocate nelle loggette funerarie ripercorrono, con le loro figure e gli emblemi severamente incisi, gli annali di un’umanità favolosa. Dipinti su seta, i poeti, gli eroi e i saggi sembrano addormentati, in virtù di qualche incantesimo, in un sonno che ci sfugge. La neve, la luna e i fiori, fissati in toni leggeri sulla carta delle stampe, hanno la poesia di una realtà al contempo chimerica e vera, contemplati attraverso un crepuscolo trasparente. I vasi e le coppe in grès portano sui fianchi delle aurore e delle notti dove palpita la presenza di un dio nascosto. Il tesoro delle arti asiatiche è ricco di enigmi che, anche se ne conosciamo il senso, rimangono per noi avvolti in suggestioni più strane di quelle dello spazio e del tempo. C’è una sorta di magia che non è solo quella del lontano e del secolare, ed è forse il sentimento dell’assoluto, una forma sconosciuta di divino...
— Henri Focillon, Il libro dei maghi. Maedusa 2017
Giugno
W. la luna, W. le stelle / W. le nuvole / W. il sole / W. l’aria, W. la terra.
Il testo è ripreso dal libro fotografico Morire di classe. La condizione manicomiale fotografata da Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin, pubblicato per la prima volta da Einaudi nel 1969, è un’opera che documenta le condizioni in cui si trovavano gli ospedali psichiatrici italiani dell’epoca, pubblicato da Franco Basaglia e Franca Ongaro Basaglia con fotografie in bianco e nero di Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin, una introduzione dei Basaglia e vari altri testi.
I disegni sono ripresi da forme di uccelli di fiume in lamiera dipinta, esche di caccia in uso tra i cacciatori lungo il fiume Po. Collezione privata di Luca Capuano
Luglio
I cavalieri della Bruna n. 2: il Generale del 2 luglio, festa della Bruna.
Font: Mosaico digitale di R.L. Modugno
Agosto
Cicek Kobane è un fior di loto.
Un fior di loto emerge dall’acqua scura su uno stelo sottile, esibendo un cuore dorato e numerosi petali rosa. Circondato da foglie e da boccioli chiusi o in procinto di schiudersi, è rivolto direttamente verso l’osservatore. Seduti sulla riva verde scuro una donna dalla pelle candida e un uomo dalla pelle blu si scambiano sguardi colmi d’amore donandosi fiori di loto. Solo i visi e le mani risultano visibili tra gli strati di petali dai quali sono interamente avvolti.
— Il libro dei simboli. Riflessioni sulle immagini archetipe. Taschen 2011
Settembre
Paesaggio e architetture in Alto Adige. – La gola tra Chiesa e Campodazzo, litografia Obermuller 1867. Touriseum – Museo del Turismo Merano.
Turris Babel 111 - 10/2018 Rivista della Fondazione Architettura Alto Adige. [1]
Ottobre
Nannarella si vuole maritare.Saverio Marra (1894-1978) fotografo di San Giovanni in Fiore (CS). Nel ritrarre le giovani donne nubili era sua abitudine metterle in posa con un fiore in mano, il significato: cerca marito. Un amorino già porta l'anello mentre un'altro fanciullo gioca con il cerchio.
Novembre
Zombie. Chi sono questi compagni che sono morti come le foglie secche. La radio mi dice che sono solo deportati.
Il titolo Zombie riprende un pezzo dei Crambierries che parla della guerra in Irlanda, e che forse ha contribuito a farla cessare. La citazione invece proviene da “Deportee (Plane Wreck at Los Gatos)”, scritta da Woody Guthrie nel 1948 dopo la morte di lavoratori messicani deportati. Joan Baez ha scelto di eseguirla nel suo tour di addio per dedicarla ai migranti provenienti da Nicaragua, Salvador, Guatemala e soprattutto Honduras, in marcia per il Messico in cerca di speranza fuori dalla loro patria. Sono in maggioranza ragazzi che non hanno nulla da perdere.
Zombie è una figura della tradizione magica vudù. Nell’immaginario comune è un morto vivente che qui viene proposto con le sembianze di un capro. È legata alle credenze del ciclico ritorno dei defunti, degli antenati, degli spiriti dei morti. I mascheramenti sono l’artificio materiale per le epifanie dei morti, le apparizioni mascherate ricorrono nei rituali delle popolazioni contadine, sono correlate al processo germinativo del seme che, dopo la semina, rimasto al buio sottoterra, per germogliare e passare dalla morte alla vita ha bisogno del sostegno delle divinità sotterranee. Queste, nel passaggio al nuovo anno, vengono evocate con appositi riti propiziatori della fertilità della terra e dell’abbondanza delle messi affinché compaiano sulla terra per esercitare la loro forza benefica. Le maschere sono portatrici di nuova fecondità, di rigenerazione e rinascita per il mondo animale, vegetale e umano.
Pubblicato in più occasioni e in diverse forme: per la festa dei Cucibocca del 2019 e per UDHR Posters Designers’ posters for human rights billboard campaign and exhibition — Bergamo 1-31 March 2019. Sullo sfondo recava il primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Zombie-Pattern quadrifloux di Rocco Lorenzo Modugno.
Dicembre
Natività con un disegno di Eric Gill, un Pattern di Rocco Lorenzo Modugno e soggetti marini illustrati da Serena Mabilia.
L’amore non muore neppure in fondo al mare: ritrovata una madre migrante abbracciata al suo bambino.
I corpi senza vita erano a poche centinaia di metri dal luogo del naufragio. Sono stati individuati da un robot subacqueo. C’era anche una mamma abbracciata al suo bambino appena nato tra le persone morte nel naufragio del 7 ottobre a Lampedusa. I due corpi sono stati trovati insieme a quelli di altre 10 persone. Erano in fondo al mare, a 60 metri di profondità, nel barchino con il quale stavano cercando di arrivare verso la terraferma.
Globalist, 15 ottobre 2019